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giovedì 11 luglio 2013

AGRIGENTO SISMICA

AGRIGENTO SISMICA




Nel cuore del Centro Storico, nella zona compresa tra Piazza Ravanusella e Via Atenea, insiste una ben circoscritta area caratterizzata dalle vie Gallo, Boccerie, Cannameli, Bagli e Vallicaldi (con annessi cortili, vicoli e discese). Questo quartiere, storica cerniera di collegamento tra gli orti a valle della ferrovia e l’antica Girgenti, meravigliosamente esposto al mare tra le porte Pannitteri e Saccajoli, versa da almeno 40 anni in un totale stato di degradante abbandono sociale e strutturale causato da ragioni di ordine demografico (esodo verso le nuove periferie), antropologico (ricerca di migliori spazi abitativi), culturale (il tabù e lo stigma della prostituzione), economico (la perdita funzionale del mercato ortofrutticolo) e topografico (lo stravolgimento del paesaggio nei dintorni del mulino Piedigrotta), che hanno altresì prodotto come loro effetto ulteriori cause di decadimento architettonico e di regresso civico. Una intera comunità è venuta meno senza che essa sia stata sostenuta nella sua resistenza o accompagnata nella sua ricostituzione. Questo quartiere ha finito per assumere le sembianze sordide di un fantasma sociale, un paradigma involutivo fattosi non-luogo: è una città altra, governata da leggi proprie, martoriata dall’indifferenza, deperita dalla decennale noncuranza delle amministrazioni, carente delle più elementari forme di profilassi e di organizzazione sociale. Un fantasma, appunto, cui nessuno pare voler credere come se fingendo la sua inesistenza esso non esista davvero; è invece è lì, un reticolo di vie fetide, una ragnatela di percorsi sventrati, una concentrazione aberrante di miserie, cumuli di spazzatura mai raccolta (vasche e tettoie in eternit, elettrodomestici, carcasse di auto, rifiuti organici) con assenza di cassonetti, detriti e inerti da attività di demolizione, discariche illegali ricavate dentro case abbandonate quando non riattate a giacigli clandestini, cavi elettrici penzolanti, assenza totale di illuminazione e segnaletica, randagismo diffuso. Quasi scavalcando gli apparati del romanzesco, la realtà più grave di questo perimetro d’inciviltà è costituita dal rischio di imminenti e preannunciati crolli (dopo quelli già verificatisi) di alcuni immobili privi di relativa copertura insistenti in un’area ancora abitata e di percorrenza (soprattutto in riferimento all’edificio solo in parte demolito e indecorosamente transennato tra la via Gallo e la Via Boccerie, all’ex Albergo Gorizia in discesa Gallo e all’immensa struttura situata tra la via Gallo e la via Bagli che è stata oggetto - nel silenzio generale - del crollo del tetto e di alcuni solai come testimoniato dalla presenza di alcuni blocchi arenari in stato di equilibrio precario sulla prospiciente via Santa Lucia) e assenza di regolare transennamento di area per messa in sicurezza o divieto di passaggio pedonale. Tuttavia lì resistono, a due passi dal centro della Via Atenea, in un margine di passo brevissimo che è però distante come un intero mondo da un altro che ne è il suo totale rovesciamento, nuove e vecchie forme di cittadinanza: da una parte gli esempi residui della miseria della prostituzione e della povertà della piccola delinquenza, dall’altro la comunità senegalese che lì si è data vita con i suoi usi e costumi tradizionali. A simbolo di questo sisma non naturale, quasi a volerne statuire per regolamento la sua totale esclusione civile, il muro eretto sulla discesa Gallo (che i proprietari di una casa dappresso hanno voluto quasi pietosamente mascherare con una finta pianta d’edera) che con la fredda concretezza del cemento frattura la città. Il sospetto è che questo stato generale di noncuranza non sia un evento fatale ma l’ordine intenzionale e deliberato che favorisca nel prossimo futuro speculazioni edilizie prevalenti con nuove costruzioni sul più sensato recupero dell’esistente patrimonio abitativo nella salvaguardia assoluta dei profili planimetrici della rete viaria. Non si può parlar d’altro che di un ghetto costituito a deliberata metafora dell’intero fallimento di una città che ha destituito il suo Centro Storico sino a farne la peggiore periferia di sé stesso.


L’Associazione Culturale LabMura, che per sua propria scelta ha sempre insistito sulla centralità del Centro Storico nell’idea di una cultura libera e solidale, tra le sue numerose iniziative ha sempre dedicato la massima attenzione all’area di cui sopra sostenendo convegni, animando dibattiti, promuovendo pubblici appelli, realizzando lavori fotografici e audiovisivi di denuncia. Ora, concentrando ancora di più e in termini quasi esclusivi il suo impegno, l’Associazione Culturale Labmura intende offrire una prospettiva possibile di rigenerazione muovendo a trasformare le brutture di un quartiere reso negletto in un momento di nuova socialità e di ritrovato senso del bello attraverso un’operazione creativa d’arte e civile di decoro. Con questi intenti e per questa ragione, l’Associazione Culturale LabMura, in continuità e a sostegno di alcune coraggiose iniziative private di fruizione turistica dell’area in questione (la presenza di alcune strutture ricettive) e di un vivissimo organismo culturale come il Teatro della Posta Vecchia, fissa la sua sede operativa in Vicolo Vallicaldi n. 18/20.

Il tentativo che si vuole porre in essere è quello di costituire un vero e proprio laboratorio che sia al contempo cantiere di idee e d’azione ma anche centro studi e osservatorio sociale in un lavoro di capacitazione, soprattutto in riferimento alla comunità senegalese. Questo quartiere offre, per le sue precipue condizioni ambientali, un’opportunità reale di impegno sul Centro Storico da compiersi sia attraverso un’opera di rifondazione del decoro sia attraverso gli strumenti creativi dell’arte e dell’immaginazione per un progetto di società estetica che riconduca gli scempi urbani all’armonia dello sguardo e la mortificazione sociale all’integrazione civile. In questo senso si tratta di realizzare una serie di eventi che costituiscano un momento dinamico e stratificato di intervento dimostrando, volta dopo volta e nel corso di un lungo tempo d’azione, il compimento dei vari processi evolutivi posti in essere attraverso la produzione artistica e lo scambio interculturale. Ovviamente simili interventi necessitano di un’ampia partecipazione civile come pure di un più effettivo sostegno sia esso pubblico che privato: condizioni che, nei termini di liberi contributi economici o con una prestazione d’opera volontaria o ancora con la donazione di opere o materiali, si fanno necessarie e imprescindibili per un corretto coordinamento del lavoro e per una calendarizzazione programmata degli eventi e delle attività di recupero ambientale. In assenza di tali forme di solidarietà, che debbono farsi occasioni reali di crescita personale e collettiva al di là di un generico e libresco amore per il Centro Storico, l’Associazione Culturale LabMura manterrà ugualmente la sua sede in questo quartiere come atto morale di ammonimento ed esortazione a futura memoria della città di Agrigento.

Se è vero, come a noi pare, quel che pronunciò Mario Alicata in Parlamento nella seduta di lunedì 5 dicembre 1966 che “(…) per favorire un certo tipo di sviluppo economico nel nostro paese (tipo di sviluppo che non solo ad Agrigento ha assunto le forme di speculazione parassitaria che in questa città sono arrivate a una misura aberrante), si sono calpestati i diritti della natura e della storia, si sono volute ignorare le caratteristiche fisiche del nostro paese e le sue caratteristiche storiche, con la conseguenza da un lato di costruire il falso gigante dell'Italia moderna e industrializzata con i piedi di argilla e dall'altro di avere non solo inferto a centri urbani come Agrigento ferite - dice la relazione Martuscelli - difficilmente cicatrizzabili, ma di avere operato in questi centri urbani in modo tanto mostruoso (…) rappresentando certamente Agrigento un punto limite non soltanto del disordine edilizio ed urbanistico ma anche del malgoverno, della mancanza di giustizia nell'amministrazione, sarebbe veramente un fatto pieno di conseguenze drammatiche per le nostre istituzioni, per la Repubblica, per il costume del nostro paese, se proprio ad Agrigento e dopo Agrigento nulla dovesse accadere (…)”, è altrettanto vero il nostro (e di pochissimi altri) sentimento di non potere più tollerare che nulla accada. Per questa ragione, l’Associazione Culturale LabMura intende impegnarsi per una rinascita concreta del Centro Storico nella sua zona più degradata (non dimenticando il silenzio sul quartiere di Santa Croce e l’urgenza di un più serio dibattito sulla Cattedrale) insieme a tutti coloro che liberamente e con spirito di servizio contribuiranno ad impedire la reiterazione del reato politico e morale di disastro colposo per restituire ad Agrigento la città di Agrigento.




Chiunque volesse aderire all’iniziativa può inviare una mail a labmura@email.it

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