Lettori fissi
lunedì 22 luglio 2013
venerdì 19 luglio 2013
lunedì 15 luglio 2013
Articolo Grandangolo: COSA FARE AD AGRIGENTO QUANDO SEI MORTO?
“Cosa fare a Denver quando sei morto” è un film del 1995 dove si narra di Jimmy “il Santo” ex
gangster, proprietario di un'agenzia, "Afterlife Advice", dove i malati terminali registrano in video messaggi d'addio per i loro familiari. E ad Agrigento cosa fai quando sei morto? Non ti resta che fotografare una città terminale, scrivere su giornali che hanno il coraggio di ospitarti, registrare video, tramandare immagini, suoni, rumori per quelli che sopravviveranno, senza bisogno di capitalizzare con agenzie “Afterlife” oppure semplicemente installando una mostra fotografica che si può visitare presso la libreria Capalunga di via Atenea. Il fotografo/a si chiama Black Bacarra, ha 28 anni. “Sono nata ad Agrigento- scrive nella autopresentazione- e qui sono morta. Ho frequentato la scuola di fumetto di Milano e due corsi di fotografia. Mi occupo di manipolazione fotografica, in genere. Con questa mostra ho decretato la morte di Black Bacarra, insieme alla morte del cuore pulsante della mia amata/odiata città. Muore una parte di me. La parte intrisa di odio, rancore e dolore per far nascere dalle mie ceneri la mia più pura e vera essenza. I miei progetti, il mio percorso di vita, di studio, influenzano in tutto e per tutto la mia arte, dunque è arrivato il momento di morire, per rinascere con una nuova luce. Vorrei che fosse così anche per Agrigento. Con questo progetto ho voluto rappresentare la morte di uno dei centri storici più belli e ricchi di storia Siciliana. Mentre tutto scivola nel degrado più totale, il caos regna sovrano. Voglio fare qualcosa per chi come me vorrebbe un centro storico più pulito e degno di essere visitato, perchè merita, perchè è ricco di storia. Voglio pensare ed essere positiva, voglio pensare che ci potrà essere un domani migliore per questi luoghi. La storia va tutelata. Agrigento va amata non solo per la finta bella facciata, non solo per la VALLE DEI TEMPLI, per il mare, ma anche per le belle vie del centro storico, poichè in esso si concentra il cuore pulsante di una città abbandonata a se stessa. Vorrei che attraverso la bellezza dell’arte, ognuno di noi riflettesse su come dare il proprio contributo per far rinasce il centro storico, come una fenice che rinasce dalle sue ceneri”. E più oltre in una nota di Rossella Turco che accompagna la mostra si legge a mò d0epigrafe:”Riprendere il Centro Storico è Amare se Stessi, l’amore imprescindibile per il vero incontro con l’altro. Il centro ci appartiene, è nostro, è il cuore che non si deve lasciare a marcire sotto la pioggia del Tempo”. Eaffinchè tutto non marcisca nella pioggia del tempo ci ha pensato anche Beniamino Biondi che su Grandangolo lancia una iniziativa destinata a mettere radici e a saldare gruppi ed etnie attraverso cultura, politica e architettura che non ha precedenti. “Ovviamente-avverte Biondi- simili interventi necessitano di un’ampia partecipazione civile come pure di un più effettivo sostegno sia esso pubblico che privato: condizioni che, nei termini di liberi contributi economici o con una prestazione d’opera volontaria o ancora con la donazione di opere o materiali, si fanno necessarie e imprescindibili per un corretto coordinamento del lavoro e per una calendarizzazione programmata degli eventi e delle attività di recupero ambientale. In assenza di tali forme di
solidarietà, che debbono farsi occasioni reali di crescita personale e collettiva al di là di un generico e libresco amore per il Centro Storico, l’Associazione Culturale LabMura manterrà ugualmente la sua sede in questo quartiere come atto morale di ammonimento ed esortazione a futura memoria della città di Agrigento. Una città che ha assunto forme di speculazione parassitaria arrivate a una misura aberrante, si sono calpestati i diritti della natura e della storia, si sono volute ignorare le caratteristiche fisiche del nostro paese e le sue caratteristiche storiche, con la conseguenza da un lato di costruire il falso gigante dell'Italia moderna e industrializzata con i piedi di argilla e dall'altro di avere non solo inferto a centri urbani come Agrigento ferite - dice la relazioneMartuscelli - difficilmente cicatrizzabili, ma di avere operato in questi centri urbani in modo tanto mostruoso (…) rappresentando certamente Agrigento un punto limite non soltanto del disordine edilizio ed urbanistico ma anche del malgoverno, della mancanza di giustizia nell'amministrazione, sarebbe veramente un fatto pieno di conseguenze drammatiche per le nostre istituzioni, per la Repubblica, per il costume del nostro paese, se proprio ad Agrigento e dopo Agrigento nulla dovesse accadere (…)”, è altrettanto vero il nostro (e di pochissimi altri) sentimento di non potere più tollerare che nulla accada. Per questa ragione, l’Associazione Culturale LabMura intende impegnarsi per una rinascita concreta del Centro Storico nella sua zona più degradata (non dimenticando il silenzio sul quartiere di Santa Croce e l’urgenza di un più serio dibattito sulla Cattedrale) insieme a tutti coloro che liberamente e con spirito di servizio contribuiranno ad impedire la reiterazione del reato politico e morale di disastro colposo per restituire ad Agrigento la città di Agrigento”.
solidarietà, che debbono farsi occasioni reali di crescita personale e collettiva al di là di un generico e libresco amore per il Centro Storico, l’Associazione Culturale LabMura manterrà ugualmente la sua sede in questo quartiere come atto morale di ammonimento ed esortazione a futura memoria della città di Agrigento. Una città che ha assunto forme di speculazione parassitaria arrivate a una misura aberrante, si sono calpestati i diritti della natura e della storia, si sono volute ignorare le caratteristiche fisiche del nostro paese e le sue caratteristiche storiche, con la conseguenza da un lato di costruire il falso gigante dell'Italia moderna e industrializzata con i piedi di argilla e dall'altro di avere non solo inferto a centri urbani come Agrigento ferite - dice la relazioneMartuscelli - difficilmente cicatrizzabili, ma di avere operato in questi centri urbani in modo tanto mostruoso (…) rappresentando certamente Agrigento un punto limite non soltanto del disordine edilizio ed urbanistico ma anche del malgoverno, della mancanza di giustizia nell'amministrazione, sarebbe veramente un fatto pieno di conseguenze drammatiche per le nostre istituzioni, per la Repubblica, per il costume del nostro paese, se proprio ad Agrigento e dopo Agrigento nulla dovesse accadere (…)”, è altrettanto vero il nostro (e di pochissimi altri) sentimento di non potere più tollerare che nulla accada. Per questa ragione, l’Associazione Culturale LabMura intende impegnarsi per una rinascita concreta del Centro Storico nella sua zona più degradata (non dimenticando il silenzio sul quartiere di Santa Croce e l’urgenza di un più serio dibattito sulla Cattedrale) insieme a tutti coloro che liberamente e con spirito di servizio contribuiranno ad impedire la reiterazione del reato politico e morale di disastro colposo per restituire ad Agrigento la città di Agrigento”.
E guardate ad esempio come è diventata la Cattedrale di San Gerlando: una nostalgia iconica, lacerti di un tempo che fu, gigantografie a futura memoria appiccicate alla bellemeglio che rendono più amaro il ricordo della “bellezza”. Nelle foto che pubblichiamo ecco come si presenta quello che era l’ingresso-scalinata al turista curioso e all’agrigentino “vecchissimo “ come diceva don Fabrizio principe di Salina a Chevally del “Gattopardo. Davvero è tempo di chiedersi “cosa fare ad Agrigento quando siamo morti”?
Diego Romeo
sabato 13 luglio 2013
Articolo GDS su documento LabMura: AGRIGENTO SISMICA
A seguito dell'iniziativa/denuncia dell'associazione culturale Labmura, in cui si delineano scenari di marginalità e degrado di realtà socio culturali con implicazioni antropologiche è cominciato un interesse sempre più diffuso sulla questione del quartiere a monte della via Atenea situato tra le vie Gallo, Boccerie e zona Ravanusella.
la Triquetra: Il cuore ferito di Agrigento: 40 anni di abbandono...
la Triquetra: Il cuore ferito di Agrigento: 40 anni di abbandono...: C’è un quartiere fantasma nel centro storico di Agrigento . La zona compresa tra piazza Ravanusella e via Atenea, cerniera di collegamento ...
giovedì 11 luglio 2013
AGRIGENTO SISMICA
AGRIGENTO
SISMICA
Nel
cuore del Centro Storico, nella zona compresa tra Piazza Ravanusella
e Via Atenea, insiste una ben circoscritta area caratterizzata dalle
vie Gallo, Boccerie, Cannameli, Bagli e Vallicaldi (con annessi
cortili, vicoli e discese). Questo quartiere, storica cerniera di
collegamento tra gli orti a valle della ferrovia e l’antica
Girgenti, meravigliosamente esposto al mare tra le porte Pannitteri e
Saccajoli, versa da almeno 40 anni in un totale stato di degradante
abbandono sociale e strutturale causato da ragioni di ordine
demografico (esodo verso le nuove periferie), antropologico (ricerca
di migliori spazi abitativi), culturale (il tabù e lo stigma della
prostituzione), economico (la perdita funzionale del mercato
ortofrutticolo) e topografico (lo stravolgimento del paesaggio nei
dintorni del mulino Piedigrotta), che hanno altresì prodotto come
loro effetto ulteriori cause di decadimento architettonico e di
regresso civico. Una intera comunità è venuta meno senza che essa
sia stata sostenuta nella sua resistenza o accompagnata nella sua
ricostituzione. Questo quartiere ha finito per assumere le sembianze
sordide di un fantasma sociale, un paradigma involutivo fattosi
non-luogo: è una città altra, governata da leggi proprie,
martoriata dall’indifferenza, deperita dalla decennale noncuranza
delle amministrazioni, carente delle più elementari forme di
profilassi e di organizzazione sociale. Un fantasma, appunto, cui
nessuno pare voler credere come se fingendo la sua inesistenza esso
non esista davvero; è invece è lì, un reticolo di vie fetide, una
ragnatela di percorsi sventrati, una concentrazione aberrante di
miserie, cumuli di spazzatura mai raccolta (vasche e tettoie in
eternit, elettrodomestici, carcasse di auto, rifiuti organici) con
assenza di cassonetti, detriti e inerti da attività di demolizione,
discariche illegali ricavate dentro case abbandonate quando non
riattate a giacigli clandestini, cavi elettrici penzolanti, assenza
totale di illuminazione e segnaletica, randagismo diffuso. Quasi
scavalcando gli apparati del romanzesco, la realtà più grave di
questo perimetro d’inciviltà è costituita dal rischio di
imminenti e preannunciati crolli (dopo quelli già verificatisi) di
alcuni immobili privi di relativa copertura insistenti in un’area
ancora abitata e di percorrenza (soprattutto in riferimento
all’edificio solo in parte demolito e indecorosamente transennato
tra la via Gallo e la Via Boccerie, all’ex Albergo Gorizia in
discesa Gallo e all’immensa struttura situata tra la via Gallo e la
via Bagli che è stata oggetto - nel silenzio generale - del crollo
del tetto e di alcuni solai come testimoniato dalla presenza di
alcuni blocchi arenari in stato di equilibrio precario sulla
prospiciente via Santa Lucia) e assenza di regolare transennamento di
area per messa in sicurezza o divieto di passaggio pedonale. Tuttavia
lì resistono, a due passi dal centro della Via Atenea, in un margine
di passo brevissimo che è però distante come un intero mondo da un
altro che ne è il suo totale rovesciamento, nuove e vecchie forme di
cittadinanza: da una parte gli esempi residui della miseria della
prostituzione e della povertà della piccola delinquenza, dall’altro
la comunità senegalese che lì si è data vita con i suoi usi e
costumi tradizionali. A simbolo di questo sisma non naturale, quasi a
volerne statuire per regolamento la sua totale esclusione civile, il
muro eretto sulla discesa Gallo (che i proprietari di una casa
dappresso hanno voluto quasi pietosamente mascherare con una finta
pianta d’edera) che con la fredda concretezza del cemento frattura
la città. Il sospetto è che questo stato generale di noncuranza non
sia un evento fatale ma l’ordine intenzionale e deliberato che
favorisca nel prossimo futuro speculazioni edilizie prevalenti con
nuove costruzioni sul più sensato recupero dell’esistente
patrimonio abitativo nella salvaguardia assoluta dei profili
planimetrici della rete viaria. Non si può parlar d’altro che di
un ghetto costituito a deliberata metafora dell’intero fallimento
di una città che ha destituito il suo Centro Storico sino a farne la
peggiore periferia di sé stesso.
L’Associazione
Culturale LabMura, che per sua propria scelta ha sempre insistito
sulla centralità del Centro Storico nell’idea di una cultura
libera e solidale, tra le sue numerose iniziative ha sempre dedicato
la massima attenzione all’area di cui sopra sostenendo convegni,
animando dibattiti, promuovendo pubblici appelli, realizzando lavori
fotografici e audiovisivi di denuncia. Ora, concentrando ancora di
più e in termini quasi esclusivi il suo impegno, l’Associazione
Culturale Labmura intende offrire una prospettiva possibile di
rigenerazione muovendo a trasformare le brutture di un quartiere reso
negletto in un momento di nuova socialità e di ritrovato senso del
bello attraverso un’operazione creativa d’arte e civile di
decoro. Con questi intenti e per questa ragione, l’Associazione
Culturale LabMura, in continuità e a sostegno di alcune coraggiose
iniziative private di fruizione turistica dell’area in questione
(la presenza di alcune strutture ricettive) e di un vivissimo
organismo culturale come il Teatro della Posta Vecchia, fissa la sua
sede operativa in Vicolo Vallicaldi n. 18/20.
Il
tentativo che si vuole porre in essere è quello di costituire un
vero e proprio laboratorio che sia al contempo cantiere di idee e
d’azione ma anche centro studi e osservatorio sociale in un lavoro
di capacitazione, soprattutto in riferimento alla comunità
senegalese. Questo quartiere offre, per le sue precipue condizioni
ambientali, un’opportunità reale di impegno sul Centro Storico da
compiersi sia attraverso un’opera di rifondazione del decoro sia
attraverso gli strumenti creativi dell’arte e dell’immaginazione
per un progetto di società estetica che riconduca gli scempi
urbani all’armonia dello sguardo e la mortificazione sociale
all’integrazione civile. In questo senso si tratta di realizzare
una serie di eventi che costituiscano un momento dinamico e
stratificato di intervento dimostrando, volta dopo volta e nel corso
di un lungo tempo d’azione, il compimento dei vari processi
evolutivi posti in essere attraverso la produzione artistica e lo
scambio interculturale. Ovviamente simili interventi necessitano di
un’ampia partecipazione civile come pure di un più effettivo
sostegno sia esso pubblico che privato: condizioni che, nei termini
di liberi contributi economici o con una prestazione d’opera
volontaria o ancora con la donazione di opere o materiali, si fanno
necessarie e imprescindibili per un corretto coordinamento del lavoro
e per una calendarizzazione programmata degli eventi e delle attività
di recupero ambientale. In assenza di tali forme di solidarietà, che
debbono farsi occasioni reali di crescita personale e collettiva al
di là di un generico e libresco amore per il Centro Storico,
l’Associazione Culturale LabMura manterrà ugualmente la sua sede
in questo quartiere come atto morale di ammonimento ed esortazione a
futura memoria della città di Agrigento.
Se è
vero, come a noi pare, quel che pronunciò Mario Alicata in
Parlamento nella seduta di lunedì 5 dicembre 1966 che “(…) per
favorire un certo tipo di sviluppo economico nel nostro paese (tipo
di sviluppo che non solo ad Agrigento ha assunto le forme di
speculazione parassitaria che in questa città sono arrivate a una
misura aberrante), si sono calpestati i diritti della natura e della
storia, si sono volute ignorare le caratteristiche fisiche del nostro
paese e le sue caratteristiche storiche, con la conseguenza da un
lato di costruire il falso gigante dell'Italia moderna e
industrializzata con i piedi di argilla e dall'altro di avere non
solo inferto a centri urbani come Agrigento ferite - dice la
relazione Martuscelli - difficilmente cicatrizzabili, ma di avere
operato in questi centri urbani in modo tanto mostruoso (…)
rappresentando certamente Agrigento un punto limite non soltanto del
disordine edilizio ed urbanistico ma anche del malgoverno, della
mancanza di giustizia nell'amministrazione, sarebbe veramente un
fatto pieno di conseguenze drammatiche per le nostre istituzioni, per
la Repubblica, per il costume del nostro paese, se proprio ad
Agrigento e dopo Agrigento nulla dovesse accadere (…)”, è
altrettanto vero il nostro (e di pochissimi altri) sentimento di non
potere più tollerare che nulla accada. Per questa ragione,
l’Associazione Culturale LabMura intende impegnarsi per una
rinascita concreta del Centro Storico nella sua zona più degradata
(non dimenticando il silenzio sul quartiere di Santa Croce e
l’urgenza di un più serio dibattito sulla Cattedrale) insieme a
tutti coloro che liberamente e con spirito di servizio contribuiranno
ad impedire la reiterazione del reato politico e morale di disastro
colposo per restituire ad Agrigento la città di Agrigento.
Chiunque
volesse aderire all’iniziativa può inviare una mail a
labmura@email.it
sabato 6 luglio 2013
Presentazione del libro: Emanuela “Una piccola questione di tempo”
L’Associazione Culturale LabMura
In collaborazione con
Settimanale Grandangolo
e
La Libreria Galleria Capalunga
sono liete di invitarVi alla presentazione del libro
Emanuela
“Una piccola questione di tempo”
di Anna Franceschi
Editori Riuniti - 2013
"Anna Franceschi è una poliziotta romana che ha fatto centinaia di indagini criminali, esperta di criminalità organizzata, instancabile esploratrice di archivi. Si è appassionata da anni al caso Orlandi, le straordinarie esperienze vissute le hanno dato quella capacità, che si acquisisce nel lavoro quotidiano, di riconoscere l'essenziale. Il congegno della fiction è semplice ed efficace, la trama ruota intorno a due personaggi, Claudia, la poliziotta, attratta da un lavoro che le dà sempre "la spinta vitale a cercare risposte agli enigmi", e padre Enrique Rodriguez Sousa, un gesuita "di rango e di rara intelligenza": "Era lei a dover indagare, ma ogni volta si accorgeva di essere stata indagata, nell'animo, fin dentro al cuore". Un rapporto di amicizia, a volte ironico, a volte irriverente, a volte drammatico, tra due persone che avevano deciso di non ingannarsi. Il gesuita, per il ruolo che aveva in Vaticano sapeva molte cose, ma non era disposto a fare rivelazioni, l'impegno preso con Claudia era di aiutarla a porsi domande e a metterla in condizione di capire quando si dava risposte sbagliate. La poliziotta aveva memorizzato una sterminata quantità di dati sui misteri del caso Orlandi, doveva impiegare tutte le sue risorse mentali per poterli connettere nella direzione giusta per uscire dal labirinto. Era un bel gioco, che poteva diventare pericoloso. Quando il pericolo si concretizza, il gesuita è pronto a proteggerla." (Dall'introduzione di Annibale Paloscio). Prefazione di Rosario Priore.
Intervengono
BENIAMINO BIONDI (saggista)
DIEGO ROMEO (Giornalista)
con l’intervento straordinario di
ROSARIO PRIORE (Giudice e autore della prefazione al libro)
Sarà presente ANNA FRANCESCHI, autrice dei libro.
SABATO 6 LUGLIO
ORE 19:00
PIAZZA PURGATORIO
VIA ATENEA
AGRIGENTO
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