UN CONVEGNO A 48 ANNI DALLA
FRANA DI AGRIGENTO
Fotogallery di Diego Romeo |
Fu tremendo quel 19 luglio
1966. La mattina , all’alba, la frana di Agrigento; la sera, uno sconosciuto
centravanti medico odontoiatra della Corea del Nord rifilava all’Italia dei
mondiali di calcio il gol dell’eliminazione
dal torneo. La sconfitta con la Corea venne subito sotterrata mentre l’ascia di
guerra politica venne brandita da socialisti e comunisti contro Agrigento. Aldo Moro, presidente del
consiglio manifesta preoccupazione “per i
riflessi nei confronti degli Enti locali e della regione e per la prevista
revoca o sospensione delle licenze d’appalto che potrebbe arrestare la vita
economica di una città depressa come Agrigento”. Giulio Andreotti si unisce
alle riserve di Moro e si chiede se “il
fatto di Agrigento sia occasionale e anomalo o non sia piuttosto manifestazione
di un andamento di carattere più generale”. Con Andreotti si schierano
Colombo, Taviani e Gui. L’Amico del Popolo scrive:”Si è fatto un gran parlare circa eventuali responsabilità della
catastrofe di Agrigento. Non serve! La responsabilità investe tanta parte della
nostra società che volerla perseguire sarebbe come inseguire farfalle sotto
l’Arco di Tito”. Le ACLI di Agrigento, non lambite da fermenti innovatori
condannano “la personale, non cristiana,
ingiustificata e perdurante volontà del ministro Mancini di tenere sotto accusa
e nel gravissimo disagio economico un’intera
popolazione”. Mons, Ginex, fratello del sindaco
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Massimo Ventimiglia Architetto Paesaggista Ricercatore di restauro |
Gaetano Gucciardo Docente di Sociologia generale e di Metodologia e Tecnica della Ricerca Sociale |
Ma non è ancora
finita e il 5 dicembre 66 l’on. Alicata
incalza ancora il Parlamento italiano: “Signor Presidente, onorevoli
colleghi, onorevole ministro dei lavori pubblici, è purtroppo assai
significativo che il Parlamento torni ad occuparsi di quello che anche in un
documento ufficiale, qual è la relazione Martuscelli, viene definito “il saccheggio di Agrigento”, dopo
che, nel mese e mezzo circa che è trascorso fra la conclusione del dibattito al
Senato e l'inizio della discussione in questo ramo del Parlamento, l'opinione
pubblica, le forze politiche, il Parlamento stesso hanno dovuto concentrare la
loro attenzione sugli eventi dolorosi e drammatici che hanno sconvolto e ancora
purtroppo sconvolgono intere regioni del paese. Firenze e Venezia, come
Agrigento, rappresentano anelli insostituibili di un processo storico e
culturale di fronte al quale non si dovrebbe essere insensibili se si è, non
dirò dotati di coscienza nazionale, ma uomini civili e moderni, e cioè animati
da quel senso della storia che all'uomo moderno è o dovrebbe essere proprio”.
Andrea Bartoli Farm Cultural Park |
Don Giuseppe Pontillo Direttore dell'Ufficio Diocesano BBCCEE |
Oggi, 48 anni dopo, oltre al documentario “L’India è in Sicilia” per la regia di Massimo De Santis, è stato letto il discorso di Mario Alicata dall’attrice Marcella Lattuca che ha dato il via ad un convegno durato oltre tre ore con sapienti e futuribili relazioni svolte da Beniamino Biondi_Laboratorio Vallicaldi; Don Giuseppe Pontillo che ha riferito in assenza dell’arcivescovo Montenegro; esperienze di rigenerazione urbana sono state raccontate da Andrea Bartoli delle Cultural Farm di Favara che sarà insignito il 26 luglio al Lido dei Ciclopi di Catania del Premio Galatea; dal” Rudere Project” e “Nonsostare”. Gli interventi sono stati di Matteo Delpini Sostituto Procuratore Tribunale di Agrigento con "L'esito giudiziario del processo a carico degli amministratori pubblici e degli imprenditori"; Gaetano Gucciardo_Università degli studi di Palermo con "La regolazione sociale e la crescita urbana di Agrigento"; Gaspare Massimo Ventimiglia_Università degli studi di Palermo con "Autenticità e identità nella salvaguardia dei centri storici"; Maurizio Carta_Università degli studi di Palermo con "Re-immaginare la città senziente e dialogica"; infine Daniela Ciaffi_Università degli studi di Palermo con "Partecipare, decidere, collaborare, fare".
Beniamino Biondi Scrittore e saggista |
Discorsi equanimi,
sensatissimi ma ancora oggi ci troviamo a dibatterci tra sciacalli e insipidi amministratori
e
“a morire- scrive Beniamino Biondi- non è soltanto la “cattedrale”, ma l’intera famiglia agrigentina,
frutto non di un atto di amore, ma disgregata e non riconoscente della vita
ricevuta in dono, babele di personalismi meschini. Cosa è accaduto in città,
quale maledizione ha subito per far si che tutto ciò sia?
Di quale terribile incantesimo è stata vittima la
cittadinanza per non aver contezza alcuna dello stato di abbandono in cui versa
e nel quale vive la propria quotidianità? E soprattutto quale paura, quale
vessazione, o quale altro primitivo atto di coazione, di coercizione ha subito
e continua a subire, per preferire questo misero presente ad uno di
normalità? Atti di disamore verso i
propri figli si susseguono indisturbati, incontrastati, e individuano un futuro
di miseria collettiva. Come, infatti, non voler porre in essere
qualsiasi
straordinaria misura atta a invertire la continua emorragia cittadina di
giovani? Governare una città ed esserne classe dirigente, essere quindi traino
culturale ed esempio imprenditoriale vuol dire non solo amministrare, far conti
e equilibrare bilanci, ma anche sostenere, incoraggiare, indirizzare ed
individuare una via che vada oltre il presente, che suggerisca una speranza
futura.
Architetto, Dottore di Ricerca in Pianificazione territoriale e Sviluppo Locale |
Ad Agrigento, tutto questo, non è accaduto e non accade,
e le prove risiedono in ogni angolo di città. Non solo la Cattedrale, ma
l’interna città soffre e sembra, oggi, aver cessato di combattere, di sperare.
Per quanto tempo ancora, ci domandiamo, tutto questo deve continuare? Cos’altro
deve accadere ad Agrigento per avviare una vera concreta inversione di rotta?”
Nel convegno di ieri, l’opinione pubblica, i docenti universitari di architettura e studiosi di scienze sociali e di storia urbana, hanno dispiegato un tentativo di progetto chiaro e concreto su modalità di azione e prospettive d’intervento culturale. Il Laboratorio Vallicaldi, che dall’estate del 2013 ha aggregato stratificati ambiti di cittadini, ha posto in essere una serie di misure di rigenerazione urbana, di operosità collettiva che hanno misurato ancora forse gli ultimi battiti di speranza per questa città. E mai pago ha continuato ad aggregare, ricevendo adesioni ad alcune iniziative da parte di altre decine di associazioni ed enti che hanno risposto all’appello sottoscritto poche settimane addietro, attraverso il quale si chiedeva l’apertura di un dibattito pubblico sulla città. Si continua a discutere, a individuare, ad avere consapevolezza di misure urgenti mentre per la cronaca dobbiamo registrare l’assenza in questo convegno di politici e amministratori. E lunedì prossimo , probabilmente, li vedremo tutti al collegio dei Filippini dove si presenta libro di Pietrangelo Buttafuoco “Buttanissima Sicilia”. Forse lì sapremo chi sono gli utilizzatori finali della peripatetica Sicilia.