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sabato 8 settembre 2012

"L'incubo di Agrigento, e insieme il suo sogno": il diario privato di Diego Romeo

"L’incubo di Agrigento, e insieme il suo sogno": il diario privato di Diego Romeo

Immagini di un mondo che non esiste più, ma che ritorna prepotentemente nei giorni più intensi della contesa amministrativa mostrando come la città sia cambiata per rimanere sempre la stessa

di Redazione 08/09/2012
Il giornalista Diego Romeo
Il giornalista Diego Romeo
Una platea nutrita, ieri sera, al "Funduk" di Via Santa Maria dei Greci, ha accolto con garbo ed attenzione, "Utopie della memoria - il diario privato di Diego Romeo".

Il giornalista ha raccolto nel montaggio di un suo personalissimo diario privato, i frammenti più inquietanti e significativi della nostra storia passata. Utopie della memoria, perché sulla memoria del nostro passato - con la ciclicità e l'immutabilità dei suoi problemi, tuttavia privi dell'entusiasmo fecondo delle antiche lotte sociali - è solamente possibile comprendere il nostro presente e il nostro futuro.

Immagini di un mondo che non esiste più, fissato a futura memoria sulla pellicola, ma che ritorna prepotentemente nei giorni più intensi della contesa amministrativa mostrando come Agrigento sia cambiata per rimanere sempre la stessa. Quel che è migliorato, quel che è degenerato, quel che si è irrimediabilmente perduto, quel che non dovremmo dimenticare di noi stessi.

Sulla sua personale cultura e sulle sue esperienze d'acuto giornalista, Diego Romeo "immortala" le proteste per l'acqua ad Agrigento, le manifestazioni sociali della sinistra, gli affollati congressi dei vecchi partiti d'opposizione, il centro storico che scompare inghiottito nell'indifferenza, il manicomio; e ancora frammenti della settimana pirandelliana, il teatro, le figure degli intellettuali (Antonino Cremona, Rosetta Romano, Salvatore Di Benedetto), le parole di una preghiera di David Maria Turoldo per la marcia dei pacifisti a Comiso. Di eccezionale rilievo, poi, alcune sequenze che riprendono uno spettacolo del Living Theatre a Palermo.

Romeo concilia avanguardia e tradizione in una dialettica complessa che restituisce il senso della rabbia e la speranza mai sopita del cambiamento della crescita. L'incubo di Agrigento, e insieme il suo sogno.

- Diego Romeo, il significato del suo filmato, la testimonianza di una Agrigento passata o di una Agrigento che vive ancora in questo modo?
"Quella testimonianza è ancora visibile, ritengo che questo documentario potrebbe far sorgere un interrogativo molto personalizzato per ognuno di noi. Ci dovremmo chiedere perchè nonostante tutto quello che facciamo, ognuno col suo angolo di visuale, questa città non riesce a voltare pagina. Perchè? E me lo chiedo soprattutto io che esercito la professione di giornalista, anche questo mi induce a guardare sotto certi occhi, ad osservare un tempo che passa ma non cambia".

- Dove il suo prodotto raggiunge l'apice delle contraddizioni della città di Agrigento?
"Darei molta importanza alle due sequenze iniziali dove appaiono il tempio della concordia e la scala dei turchi filmate in un certo modo. Lo spettatore dovrebbe pensare alla perdita della bellezza con la b maiuscola rispetto a quello che Greci e natura ci hanno lasciato. Non riusciamo a gestirli, non riusciamo a gestire il turismo".

- Prossimi lavori in programma...
"Ho tantissime altre cose da assemblare, serve tempo e riflessione, trovare le ragioni. Ma penso che, anche stimolando Beniamino Biondi, potrei fare un diario privato due".

- Il rilancio di Agrigento può ripartire da luoghi di cultura come il Funduk, perchè Agrigento ancora oggi si nutre di così poche opportunità?
"Il Funduk è un posto fuori dalla cosiddetta 'amicioneria agrigentina' ed è forse l'unico posto dove non mi sento un prostituto. Si può proporre una cosa, questa viene accettata e discussa tranquillamente senza chiederti nulla in cambio, senza il famoso pagamento che più o meno tutti in realtà vogliono. Perchè poi nei centri, nelle associazioni culturali, di solito c'è sempre un politico o un parapolitico, qui invece non c'è. Proprio per questo qui mi sento una persona molto più libera, proprio come le cambe esistenzialiste di Saint-Germain-des-Prés ...forse ripartendo proprio dalla stalla dei chierici del seminario, perchè questo luogo lo era, ritornando a queste origini, probabilmente potremmo un pò rigenerarci".

(rgf)


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